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Esiste un legame profondo fra il compositore
polesano Stefano Gobatti e Bologna.
Nel prestigioso Teatro Comunale della città felsinea,
infatti, sbocciarono e divennero realtà le timide
speranze di un giovane autore che, a poco più di
vent'anni, conobbe un successo senza pari nella storia
del melodramma.
Stefano Gobatti nacque nel 1852 a Bergantino, in provincia
di Rovigo, da un'umile famiglia contadina. Nonostante
le titubanze dei familiari, assecondando le proprie predisposizioni
naturali, studiò musica, fino ad arrivare alla
scuola del Maestro bolognese Giuseppe Busi e, successivamente,
a Milano e a Napoli con il Maestro Lauro Rossi.
A soli diciotto anni, compose, per esercizio, un'opera
dal titolo I Goti. Lauro Rossi lo costrinse a farla rappresentare
e l'opera andò in scena il 30 novembre 1873, al
Teatro Comunale di Bologna. Fu un successo senza precedenti
e, nel breve volgere di poche settimane, piovvero sullo
sconosciuto maestrino gloria ed onori.
Il clamoroso successo di Gobatti giungeva in un momento
storico di confusione per l'arte musicale italiana. |
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Stefano Gobatti nel 1874 |
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Nel 1871, proprio
al Comunale di Bologna, Wagner aveva presentato Lohengrin: era
la prima volta che un'opera del compositore tedesco andava in
scena in Italia e fu una rivoluzione.
Bologna ne fece un proprio idolo. A Wagner, invece, si contrappose
Milano, città dei verdiani, che riconoscevano nel bussetano
il vertice incontestabile della tradizione melodrammatica italiana.
Erano anni di intensa passione operistica, che sfociava in accesi
antagonismi: spesso le opere che avevano successo a Bologna
cadevano poi miseramente a Milano.
Anche i critici musicali manifestavano nei loro giudizi, benché
apparentemente inoppugnabili, un certo disorientamento. |
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Stefano Gobatti nel 1903 |
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Gobatti e la sua musica furono inopinatamente
avvicinati a Wagner, benché il compositore "
bolognese " non avesse mai visto neppure il frontespizio
di una partitura del tedesco. Ma Bologna attendeva con
troppa impazienza di dare i natali artistici ad una propria
stella e Gobatti, incauto ventenne, divenne " un
caso ", l'idolo atteso, da contrapporre alla Milano
verdiana. Ciò non poté che nuocere al giovane
maestro: la sua musica non ebbe l'onore di un giudizio
critico equilibrato; il suo cammino artistico iniziò
dall'alto di un successo indiscusso ai cui vertici era
impossibile rimanere.
Così, mentre I Goti raccoglievano consensi nei
più importanti teatri d'Italia, si cominciò
a tramare alle spalle dell'ingenuo ed inesperto maestro.
Egli fu anche una facile preda delle Case Editrici e dei
loro interessi prettamente economici e le sue opere successive,
Luce (1875) e Cordelia (1881), furono inevitabilmente
segnate da contrasti e da avversità. |
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Alla caduta di Cordelia - scrisse
Gobatti qualche anno dopo a Tito Ricordi - "un fitto velo
si interpose tra me e la società umana, con la quale
non volli più rapporti". Furono comunque anni di
grande fervore creativo: le difficoltà poco a poco minarono
la salute fisica di Gobatti, ma l'isolamento ne accrebbe l'ispirazione
musicale. In quegli anni si adoperò a scrivere musica
sacra e da camera, rivisitò I Goti, l'opera che gli aveva
dato onori e fama, e alla quale egli legava le sue speranze
di riscatto. Ne progettò addirittura una versione in
francese. Scrisse una nuova opera intitolata Massias. In tutti
questi anni, però, il "caso Gobatti" non è
mai stato chiuso. Tutte le "storie della musica",
infatti, parlano de "I Goti", ma quasi tutti gli studiosi
non hanno mai esaminato le partiture, né ascoltato esecuzioni
musicali, ed hanno sempre preso, a modello dei loro giudizi,
le valutazioni formulate nella seconda metà dell'Ottocento,
in un periodo di transizione, di confusione e di eccessivo fervore
melomane. |
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L'opera I Goti rivelò Gobatti in modo troppo
violento ed inatteso; si creò intorno a lui un'atmosfera
spasmodica di grandi aspettative e speranze, alle quali
seguì una disillusione forse eccessiva. Il trionfo
e il silenzio: due posizioni estreme, che oggi occorre
vagliare, molto tranquillamente, al di fuori di ogni
passione. Il Maestro Stefano Gobatti, dopo gli anni
degli eccessi, sembra meriti finalmente un giudizio
equo, sereno e distaccato.
Prof. Tommaso Zaghini
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